Sono stati recentemente pubblicati i dati della prima indagine sul consumo di cibi ultra-processati in Italia. Ancora una volta i centri urbani non ne escono bene, ma vediamo nel dettaglio cosa è emerso.
La ricerca, tutta italiana e di stampo internazionale, si è data l’obiettivo di verificare come il consumo di cibi ultra-processati sia correlato ad elementi socio-demografici, psicosociali e comportamentali nella popolazione italiana.
Per cibi ultra-processati ci si riferisce a quegli alimenti che consistono in parte o interamente di sostanze che solitamente non sono utilizzate in cucina, come maltodestrine, proteine idrolizzate o grassi idrogenati, e che contengono additivi vari come coloranti, conservanti, antiossidanti, anti agglomeranti, esaltatori di sapidità o edulcoranti.
Si tratta di ingredienti utilizzati sempre più spesso nell’industria alimentare.
A questa categoria appartengono le bevande zuccherate e gasate, i prodotti da forno preconfezionati, le creme spalmabili, ma anche prodotti che non ci aspetteremmo come fette biscottate, alcuni cereali e yogurt, crackers.
Negli ultimi decenni il consumo di questi alimenti è aumentato esponenzialmente, al punto che sono ormai numerosi gli studi epidemiologici che hanno messo in evidenza la relazione tra un elevato consumo dei cibi ultra-processati e alcune condizioni metaboliche come obesità, ipertensione, diabete e sindrome metabolica, oltre al rischio di sviluppare patologie croniche.
L’indagine INHES (Italian Nutrition & Health Survey) si è svolta in Italia tra il 2010 e il 2013, ha coinvolto oltre 9.000 persone tra i 5 e i 97 anni, ed è stata condotta dal Dipartimento di Epidemiologia e Prevenzione dell’IRCCS Neuromed di Pozzilli.
Si tratta del primo studio che ha permesso di stimare il consumo di cibi ultra-processati in un campione della popolazione italiana.
I dati sono stati ottenuti attraverso un diario alimentare di un giorno. Le analisi hanno messo in evidenza che il consumo medio di cibi ultra-processati rappresenta circa il 20% delle calorie giornaliere assunte dagli adulti e un quarto di quelle assunte da bambini e adolescenti.
Nel campione analizzato, gli alimenti in questione erano principalmente carni lavorate, sostituti del pane e biscotti dolci.
Sono stati valutati anche i fattori socioeconomici, psicologici e le abitudini alimentari associati al consumo di questi cibi: è emerso che nel sud Italia e nelle aree rurali si fa meno ricorso ad alimenti molto lavorati, rispetto al nord Italia o ai centri urbani.
Nella fascia adolescenziale, i ragazzi consumano più cibi ultra-processati delle ragazze, come anche gli adulti che pranzano normalmente fuori casa rispetto a chi ha la consuetudine di mangiare a casa.
Un dato significativo per tutti resta che una maggiore aderenza alla dieta Mediterranea è risultata associata a una riduzione del consumo di cibi processati.
La dieta Mediterranea si conferma ancora una volta il miglior supporto contro modelli (e mode) alimentari che rischiano di compromettere la salute collettiva.
Bibliografia
Ruggiero E, Esposito S, Costanzo S, Di Castelnuovo A, Cerletti C, Donati MB, de Gaetano G, Iacoviello L, Bonaccio M, INHES Study Investigators. Ultra-processed food consumption and its correlates among Italian children, adolescents and adults from the Italian Nutrition & Health Survey (INHES) cohort study. Public Health Nutr. 2021 Jun 24;1-14.