Uno studio americano ha approfondito il rapporto dose-risposta in individui sani per diversi dosaggi di vitamina D. I risultati sono inaspettati e aprono la strada a nuove ricerche e approfondimenti in merito.
La vitamina D è unanimemente riconosciuta come elemento fondamentale per la prevenzione e il trattamento dell’osteoporosi, in particolare nei soggetti con livelli inferiori a 30 nmol/L. La letteratura scientifica generalmente suggerisce un’integrazione di vitamina D giornaliera tra 400 UI e 2000 UI, con un apporto tollerabile fino a 10 000 UI. La diagnosi clinica che viene utilizzata per accertare la presenza di osteoporosi è la DXA (assorbimetria a raggi X a doppia energia) che misura la densità ossea (BMD, Bone Mineral Density), ed è proprio con questa tecnica che un team americano ha ottenuto risultati molto interessanti, forse inaspettati, in uno studio clinico randomizzato.
Lo studio, pubblicato sul Journal of American Medical Association, è durato 3 anni ed è stato condotto su 311 adulti sani, senza osteoporosi, tra i 55 e i 70 anni. Il dosaggio giornaliero di 400 UI di vitamina D è stato preso come riferimento, confrontato con quelli da 4000 UI e 10000 UI.
L’intento di dimostrare che un alto dosaggio, come quello di 10000 UI/giorno, fosse più efficace degli altri nel migliorare la densità ossea, in soggetti sani, è però fallito.
Il dosaggio da 4000 UI, rispetto a quello di 400 UI, ha riportato un significativo incremento di vitamina D nel sangue, dopo un’integrazione di 3 mesi, con ulteriore incremento dopo 36 mesi. Il dosaggio da 10000 UI giornaliere, invece, pur dopo un iniziale aumento dei livelli di vitamina D nel sangue, rispetto ai dosaggi inferiori ha rivelato un effetto dose-risposta negativo sulla densità ossea (BMD). Sembrerebbe, infatti, che nei soggetti sani che hanno assunto un dosaggio così elevato di vitamina D non vi siano stati aumenti della densità ossea. Questo ha portato gli scienziati a formulare ipotesi sui possibili meccanismi d’azione molecolari che un tale livello d’integrazione può innescare, riformulando gli obiettivi per studi futuri, mirati a spiegare meglio il fenomeno.
I Ricercatori osservano, in conclusione, che per ottenere un beneficio nella densità ossea l’integrazione con così elevati livelli di vitamina D (10000 UI/giorno) richiederebbe una stimata carenza di tale vitamina. Infatti, lo studio in questione è stato condotto su soggetti sani, senza osteoporosi o carenze di vitamina D.
Secondo le linee guida del SIOMMMS il fabbisogno di vitamina D varia da 1500 UI/die negli adulti sani a 2.300 UI/die, negli anziani. La quantità necessaria all’organismo, inoltre, può variare in base età, massa corporea, massa grassa e apporto di calcio. Come riportato nelle linee guida, in media l’alimentazione in Italia fornisce circa 300 UI/die, quindi in caso di scarsa esposizione solare sarebbe necessaria un’integrazione. È quindi raccomandabile attenersi alle indicazioni del medico che, valutando i nostri livelli di vitamina D e la nostra salute, saprà consigliarci il dosaggio d’integrazione adeguato. Non vengono esclusi gli alti dosaggi, in caso di specifiche patologie.
Bibliografia
Effect of High-Dose Vitamin D Supplementation on Volumetric Bone Density and Bone Strength: A Randomized Clinical Trial. Burt LA, Billington EO, Rose MS, Raymond DA, Hanley DA, Boyd SK. JAMA. 2019 Aug.